Nel loro trentacinquesimo compleanno gli Amici della Musica inaugurano la decima stagione Mirandola Classica nel nome di Vladimir Horowitz con un recital pianistico e una mostra fotografica che vogliono essere omaggio al grande pianista russo a trent’anni dalla scomparsa.

Quella di Horowitz è una delle figure più controverse, contraddittorie e affascinanti del Novecento musicale, difficile da definire nella sua eccezionalità. Mai come in questo caso la biografia è fondamentale per orientarsi nel suo immenso lascito artistico. Quando Toscanini lo sceglie per un Imperatore alla Carnegie Hall nel ’32 è un giovane pianista di scuola russa, intimo amico di Rachmaninov, già affermato in America per il suo formidabile virtuosismo. Lavorare con Toscanini significa l’incontro con la figlia Wanda Toscanini che diventerà sua moglie, figura tanto significativa per la sua vita e la sua carriera che Bernhard parlerà di Horowitz come di un prodotto artificiale, un macchinario di tecnica attraverso cui si esprimeva lei che, scrive nel suo Il soccombente, “con il proprio genio fece di Horowitz il maestro ideale per il proprio genio”. La moglie Wanda è stata cruciale durante i periodi in cui le gravissime crisi depressive, curate con elettroshock e droghe pesanti, l’incapacità di riconoscere la sua omosessualità e, infine, la morte prematura dell’unica figlia hanno dilaniato la vita del grande pianista. Ha per tre volte interrotto la carriera e per tre volte è ritornato, difficili nuovi inizi resi possibili dalle numerose incisioni che gli hanno garantito popolarità nei i decenni in cui ha dovuto rinunciare a dare concerti in pubblico. Questa vita privata tormentatissima ha minato la solidità della sua tecnica virtuosistica spingendolo a svilupparsi nella sua infallibile sensibilità, rivelatrice delle strutture e degli intenti della musica. Raggiunge la più significativa maturità artistica negli ultimi anni della sua vita, ormai ultraottantenne, segnati da una fervidissima attività fra tournée per il mondo e incisioni in studio. È ad Horowitz che gli Amici della Musica hanno scelto di dedicare una mostra fotografica realizzata in collaborazione con il Centro di Documentazione Arturo Benedetti Michelangeli; il presidente Stefano Biosa e Marco Bizzarini, con lui fondatore del centro, ha presentato al pubblico mirandolese l’immenso pianista proponendo una selezione dallo storico concerto di Mosca del 1986.

Nato a Kiev come Horowitz, il pianista Vitaly Pisarenko è intervenuto in questa occasione con un programma ricchissimo, dinamico e particolarmente impegnativo. Classe 1987, dopo gli studi a Mosca presso la Scuola Centrale di Musica e il Conservatorio Tchaikovsky, vince il primo premio al Concorso Internazionale Franz Liszt di Utrecht che lo porta a lavorare con le più grandi orchestre del mondo in più di venticinque paesi. Il concerto si è aperto con due pezzi di Brahms, Tema e Variazioni dal secondo movimento del suo Sestetto per Archi n. 1, il primo, e uno Scherzo in Mi bemolle minore op. 4, il secondo. Questo scherzo è un’opera giovanile ma di grande impatto, di una vitalità accesa e monumentale, e così è stata restituita da Pisarenko. Il programma continua con la seconda sonata di Schumann, un pezzo dalla genesi lunga e travagliata che si esaurisce in tempi incalzanti, una musica che si consuma nella sua energia affannosa e che impone al solista tempi molto sostenuti. La seconda parte del programma comprende i primi due scherzi di Chopin; il primo voleva essere un omaggio ad Horowitz che lo aveva puntualmente incluso nei programmi dei suoi ultimi recitals. Chopin trova nella forma dello Scherzo (che adatta a sé con originalità, come fa sempre nel confronto con la tradizione) il miglior modo di esprimere l’intima conflittualità fra la sua debolezza fisica e la profondità della sua sensibilità; questi pezzi sono senza dubbio fra i più interessanti della sua produzione. Il concerto si è concluso con due acrobatici pezzi di Liszt n. 2 in Si minore e la Rapsodia Ungherese n. 1, per il cui Vivacissimo Conclusivo Bizzarini parla di “irresistibile trionfo di virtuosismo ed eleganza al tempo stesso”. Pisarenko non solo ha sostenuto magistralmente la prova di un programma così fisicamente impegnativo ma ha anche saputo apporre ad ogni pezzo la sua impronta di interprete senza lasciarsi sopraffare dal virtuosismo sterile né distrarre dalla tecnica, mantenendo sempre un mirabile equilibrio. A lui l’augurio di raggiungere la sua piena maturità artistica senza i travagli del Maestro Horowitz.